"Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. La comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre." (Benedetto XVI alla festa delle testimonianze - VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Milano, 1-3 giugno 2012)

martedì 16 aprile 2013

Buon compleanno Papa Benedetto XVI

L’energia principale che muove l’animo umano è l’amore. La natura umana, nella sua essenza più profonda, consiste nell'amare. In definitiva, un solo compito è affidato a ogni essere umano: imparare a voler bene, ad amare, sinceramente, autenticamente, gratuitamente” (Papa Benedetto XVI, udienza generale del 3 dicembre 2009).

AUGURI PAPA BENEDETTO. 
Grati al Signore per il dono del tuo Pontificato, sperimentiamo la povertà del nostro linguaggio e ti diciamo soltanto: TI VOGLIAMO BENE!



Il video, che abbiamo fatto anche nostro, è stato pubblicato sul sito gloria.tv in occasione dell'86mo compleanno di Joseph Ratzinger. 
Per chi fosse interessato segnaliamo un gruppo che si sta formando su internet con l'obiettivo di raccogliere documenti vari relativi al Pontificato di Benedetto XVI e di aiutare e stimolare alla preghiera per il Papa emerito, per Papa Francesco e per la Chiesa:
http://figlispiritualib16.freeforumzone.leonardo.it/forum.aspx?c=188763&f=188763


domenica 14 aprile 2013

Annunciare, Testimoniare, Adorare


Dall'Omelia odierna di Papa Francesco 
alla Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura

"Cari fratelli e sorelle!
...
Siamo sulla tomba di san Paolo, un umile e grande Apostolo del Signore, che lo ha annunciato con la parola, lo ha testimoniato col martirio e lo ha adorato con tutto il cuore. Sono proprio questi i tre verbi sui quali vorrei riflettere alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato: annunciare, testimoniare, adorare.
...
Nella Prima Lettura (At 5,27-32.40-41) colpisce la forza di Pietro e degli altri Apostoli. Al comando di tacere, di non insegnare più nel nome di Gesù, di non annunciare più il suo Messaggio, essi rispondono con chiarezza: «Bisogna obbedire a Dio, invece che agli uomini». ...Pietro e gli Apostoli annunciano con coraggio quello che hanno ricevuto, il Vangelo di Gesù. E noi? Siamo capaci di portare la Parola di Dio nei nostri ambienti di vita? Sappiamo parlare di Cristo, di ciò che rappresenta per noi, in famiglia, con le persone che fanno parte della nostra vita quotidiana? La fede nasce dall'ascolto, e si rafforza nell'annuncio.
...
Ma facciamo un passo avanti: l’annuncio di Pietro e degli Apostoli non è fatto solo di parole, ma la fedeltà a Cristo tocca la loro vita, che viene cambiata, riceve una direzione nuova, ed è proprio con la loro vita che essi rendono testimonianza alla fede e all'annuncio di Cristo. 
...il Vangelo va annunciato e testimoniato. Ciascuno dovrebbe chiedersi: Come testimonio io Cristo con la mia fede? Ho il coraggio di Pietro e degli altri Apostoli di pensare, scegliere e vivere da cristiano, obbedendo a Dio? Certo la testimonianza della fede ha tante forme, come in un grande affresco c’è la varietà dei colori e delle sfumature; tutte però sono importanti, anche quelle che non emergono. Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. ... Ricordiamolo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù senza la testimonianza concreta della vita. Chi ci ascolta e ci vede deve poter leggere nelle nostre azioni ciò che ascolta dalla nostra bocca e rendere gloria a Dio! ... Predicare con la vita: la testimonianza. L’incoerenza dei fedeli e dei Pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra la parola e il modo di vivere mina la credibilità della Chiesa.
...Ognuno di noi, nella propria vita, in modo consapevole e forse a volte senza rendersene conto, ha un ben preciso ordine delle cose ritenute più o meno importanti. Adorare il Signore vuol dire dare a Lui il posto che deve avere; adorare il Signore vuol dire affermare, credere, non però semplicemente a parole, che Lui solo guida veramente la nostra vita; adorare il Signore vuol dire che siamo convinti davanti a Lui che è il solo Dio, il Dio della nostra vita, il Dio della nostra storia.
Questo ha una conseguenza nella nostra vita: spogliarci dei tanti idoli piccoli o grandi che abbiamo e nei quali ci rifugiamo, nei quali cerchiamo e molte volte riponiamo la nostra sicurezza. Sono idoli che spesso teniamo ben nascosti; possono essere l’ambizione, il carrierismo, il gusto del successo, il mettere al centro se stessi, la tendenza a prevalere sugli altri, la pretesa di essere gli unici padroni della nostra vita, qualche peccato a cui siamo legati, e molti altri. Questa sera vorrei che una domanda risuonasse nel cuore di ciascuno di noi e che vi rispondessimo con sincerità: ho pensato io a quale idolo nascosto ho nella mia vita, che mi impedisce di adorare il Signore? Adorare è spogliarci dei nostri idoli anche quelli più nascosti, e scegliere il Signore come centro, come via maestra della nostra vita.

Cari fratelli e sorelle, il Signore ci chiama ogni giorno a seguirlo con coraggio e fedeltà; ci ha fatto il grande dono di sceglierci come suoi discepoli; ci invita ad annunciarlo con gioia come il Risorto, ma ci chiede di farlo con la parola e con la testimonianza della nostra vita, nella quotidianità. Il Signore è l’unico, l’unico Dio della nostra vita e ci invita a spogliarci dei tanti idoli e ad adorare Lui solo. Annunciare, testimoniare, adorare. La Beata Vergine Maria e l’Apostolo Paolo ci aiutino in questo cammino e intercedano per noi. Così sia."

lunedì 8 aprile 2013

"Non abbiate paura di vivere da cristiani!"


PAPA FRANCESCO - REGINA COELI
II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, 7 aprile 2013

"Cari fratelli e sorelle! Buon giorno!
In questa domenica che conclude l’Ottava di Pasqua, rinnovo a tutti l’augurio pasquale con le parole stesse di Gesù Risorto: «Pace a voi!». Non è un saluto, e nemmeno un semplice augurio: è un dono, anzi, il dono prezioso che Cristo offre ai suoi discepoli dopo essere passato attraverso la morte e gli inferi. Dona la pace, come aveva promesso: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi». Questa pace è il frutto della vittoria dell’amore di Dio sul male, è il frutto del perdono. Ed è proprio così: la vera pace, quella profonda, viene dal fare esperienza della misericordia di Dio. Oggi è la Domenica della Divina Misericordia, per volontà del beato Giovanni Paolo II, che chiuse gli occhi a questo mondo proprio alla vigilia di questa ricorrenza.
Il Vangelo di Giovanni ci riferisce che Gesù apparve due volte agli Apostoli chiusi nel Cenacolo: la prima, la sera stessa della Risurrezione, e quella volta non c’era Tommaso, il quale disse: se io non vedo e non tocco, non credo. La seconda volta, otto giorni dopo, c’era anche Tommaso. E Gesù si rivolse proprio a lui, lo invitò a guardare le ferite, a toccarle; e Tommaso esclamò: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù allora disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». E chi erano questi che avevano creduto senza vedere? Altri discepoli, altri uomini e donne di Gerusalemme che, pur non avendo incontrato Gesù risorto, credettero sulla testimonianza degli Apostoli e delle donne. Questa è una parola molto importante sulla fede, possiamo chiamarla la beatitudine della fede. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto: questa è la beatitudine della fede!
In ogni tempo e in ogni luogo sono beati coloro che, attraverso la Parola di Dio, proclamata nella Chiesa e testimoniata dai cristiani, credono che Gesù Cristo è l’amore di Dio incarnato, la Misericordia incarnata. E questo vale per ciascuno di noi!
Agli Apostoli Gesù donò, insieme con la sua pace, lo Spirito Santo, perché potessero diffondere nel mondo il perdono dei peccati, quel perdono che solo Dio può dare, e che è costato il Sangue del Figlio. La Chiesa è mandata da Cristo risorto a trasmettere agli uomini la remissione dei peccati, e così far crescere il Regno dell’amore, seminare la pace nei cuori, perché si affermi anche nelle relazioni, nelle società, nelle istituzioni. E lo Spirito di Cristo Risorto scaccia la paura dal cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire dal Cenacolo per portare il Vangelo. Abbiamo anche noi più coraggio di testimoniare la fede nel Cristo Risorto! Non dobbiamo avere paura di essere cristiani e di vivere da cristiani! Noi dobbiamo avere questo coraggio, di andare e annunciare Cristo Risorto, perché Lui è la nostra pace, Lui ha fatto la pace, con il suo amore, con il suo perdono, con il suo sangue, con la sua misericordia.
Cari amici, oggi pomeriggio celebrerò l’Eucaristia nella Basilica di San Giovanni in Laterano, che è la Cattedrale del Vescovo di Roma. Preghiamo insieme la Vergine Maria, perché ci aiuti, Vescovo e Popolo, a camminare nella fede e nella carità, fiduciosi sempre nella misericordia del Signore: Lui sempre ci aspetta, ci ama, ci ha perdonato con il suo sangue e ci perdona ogni volta che andiamo da Lui a chiedere il perdono. Abbiamo fiducia nella sua misericordia!"

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

venerdì 5 aprile 2013

Il grano e la zizzania


Leggiamo in Mt 13, 24 e ss: 
Un’altra parabola espose loro così: “il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: un nemico ha fatto questo. …
Ecco, mettiamola così: il campo è il nostro Gruppo Famiglie, in cui il Signore ha seminato del buon seme; sicché il Gruppo è cresciuto negli anni numericamente, ma anche in qualità, crediamo, a giudicare dall'esigenza espressa un po’ da tutti, di fare un cammino sempre più intenso sulla Parola di Dio e dalla disponibilità offerta da molti a servizio della comunità. Ma mentre il Gruppo gusta la sua amicizia con Dio, viene il nemico, che dall'origine dei tempi è stato invidioso proprio dell’amicizia tra l’uomo e Dio, e semina la zizzania, non tanta, in verità e grazie a Dio, ma insomma, abbastanza da turbare i cuori e l’armonia fra alcuni di noi.

Questo della zizzania in mezzo al grano è dunque un problema vecchio come il mondo e, purtroppo sempre attuale e sempre presente. Come notava già S. Agostino, la zizzania è dappertutto, in ogni angoletto del campo ecclesiale. Non possiamo dubitarne, né rimanere sconsolati: la Chiesa perfetta, dei puri, tutta grano di prima scelta, non è di questo mondo.
E la zizzania nella Chiesa ha sempre due dimensioni: quella che distingue  buoni e cattivi cristiani e che fa dire a S. Agostino (discorso 73) “I buoni sopportino i cattivi; i cattivi cerchino di cambiarsi e d’imitare i buoni. Cerchiamo tutti, possibilmente, di appartenere a Dio. Cerchiamo tutti di fuggire, per la sua misericordia, la malizia di questo mondo”.
C’è poi la dimensione personale, per cui nel cuore di ogni uomo, anche il più credente, il Maligno può seminare la sua perfida zizzania. 
Tutti noi siamo grano e zizzania nello stesso tempo, un misto di bene e di male, di luce e di tenebre, di carne e di spirito.

Dunque, in ciascuno di noi il bene e il male si fronteggiano e il male, a volte, sembra più vigoroso e tenace. Ma dalla Parola di Dio riceviamo la speranza. “La Chiesa è dunque un luogo di speranza? Sì, poiché da essa ci giunge sempre e di nuovo la Parola di Dio, che ci purifica e ci mostra la via della fede. Lo è, perché in essa il Signore continua a donarci se stesso, nella grazia dei sacramenti, nella parola della riconciliazione, nei molteplici doni della sua consolazione. Nulla può oscurare e distruggere tutto ciò. Di questo dovremmo essere lieti di fronte a tutte le tribolazioni. Se parliamo della Chiesa come luogo della speranza che viene da Dio, allora ciò comporta, allo stesso tempo, un esame di coscienza: che cosa faccio io della speranza che il Signore ci ha donato? Davvero mi lascio modellare dalla sua parola? Mi lascio cambiare e guarire da lui? Quanta zizzania, in realtà cresce dentro di me? Sono disposto a sradicarla?” (Benedetto XVI)
La parabola evangelica si conclude con l’invito del Padrone: “… Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio.” (Mt 13,30).
Perciò, ci ricorda ancora Papa Benedetto, “la zizzania esiste anche in seno alla Chiesa e tra coloro che il Signore ha accolto al suo servizio in modo particolare. Ma la luce di Dio non è tramontata, il grano buono non è stato soffocato dalla semina del male.
Il bene e il male sono destinati a convivere in ogni realtà umana, ed anche nella nostra piccola realtà; c’è un solo campo, infatti, dove è lecito e doveroso strappare la zizzania, ed è quello del proprio cuore.
BUON LAVORO.
Maria Pia e Antonello