"Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. La comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre." (Benedetto XVI alla festa delle testimonianze - VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Milano, 1-3 giugno 2012)

domenica 20 aprile 2014

"Ordino a coloro che dormono: RISORGETE!"


"La novità spesso ci fa paura, anche la novità che Dio ci porta, la novità che Dio ci chiede. Siamo come gli Apostoli del Vangelo: spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze, fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato. Abbiamo paura delle sorprese di Dio.
(...)
Fratelli e sorelle, non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui.
(...)
Gesù non è un morto, è risorto, è il Vivente! Non è semplicemente tornato in vita, ma è la vita stessa, perché è il Figlio di Dio, che è il Vivente (cfr Nm 14,21-28; Dt 5,26; Gs 3,10). Gesù non è più nel passato, ma vive nel presente ed è proiettato verso il futuro, Gesù è l'«oggi» eterno di Dio. Così la novità di Dio si presenta davanti agli occhi delle donne, dei discepoli, di tutti noi: la vittoria sul peccato, sul male, sulla morte, su tutto ciò che opprime la vita e le dà un volto meno umano. E questo è un messaggio rivolto a me, a te, cara sorella, a te caro fratello. Quante volte abbiamo bisogno che l’Amore ci dica: perché cercate tra i morti colui che è vivo? I problemi, le preoccupazioni di tutti i giorni tendono a farci chiudere in noi stessi, nella tristezza, nell'amarezza… e lì sta la morte. Non cerchiamo lì Colui che è vivo!
Accetta allora che Gesù Risorto entri nella tua vita, accoglilo come amico, con fiducia: Lui è la vita! Se fino ad ora sei stato lontano da Lui, fa’ un piccolo passo: ti accoglierà a braccia aperte. Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso. Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui, stai sicuro che Lui ti è vicino, è con te e ti darà la pace che cerchi e la forza per vivere come Lui vuole.
Le donne si incontrano con la novità di Dio: Gesù è risorto, è il Vivente! Ma di fronte alla tomba vuota e ai due uomini in abito sfolgorante, la loro prima reazione è di timore (...). Ma quando ascoltano l’annuncio della Risurrezione, l’accolgono con fede. E i due uomini in abito sfolgorante introducono un verbo fondamentale: ricordate. (...)
Questo è l’invito a fare memoria dell’incontro con Gesù, delle sue parole, dei suoi gesti, della sua vita; ed è proprio questo ricordare con amore l’esperienza con il Maestro che conduce le donne a superare ogni timore e a portare l’annuncio della Risurrezione agli Apostoli e a tutti gli altri (cfr Lc 24,9). Fare memoria di quello che Dio ha fatto e fa per me, per noi, fare memoria del cammino percorso; e questo spalanca il cuore alla speranza per il futuro. Impariamo a fare memoria di quello che Dio ha fatto nella nostra vita! 
In questa Notte di luce, invocando l’intercessione della Vergine Maria, che custodiva ogni avvenimento nel suo cuore (cfr Lc2,19.51), chiediamo che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo. Amen."
Papa Francesco
Omelia, Veglia Pasquale nella Notte Santa, 30 marzo 2013

domenica 13 aprile 2014

Osanna al Figlio di Davide!


"La Domenica delle Palme è il grande portale che ci introduce nella Settimana Santa, la settimana nella quale il Signore Gesù si avvia verso il culmine della sua vicenda terrena. Egli sale a Gerusalemme per portare a compimento le Scritture e per essere appeso sul legno della croce, il trono da cui regnerà per sempre, attirando a sé l’umanità di ogni tempo e offrendo a tutti il dono della redenzione. Sappiamo dai Vangeli che Gesù si era incamminato verso Gerusalemme insieme ai Dodici, e che a poco a poco si era associata a loro una schiera crescente di pellegrini. 
(...)
La preparazione dell’ingresso, che Gesù fa insieme ai suoi discepoli, contribuisce ad aumentare questa speranza. ...Gesù... manda avanti due discepoli, comandando loro di portargli un puledro di asino, che avrebbero trovato lungo la via. Essi trovano effettivamente l’asinello, lo slegano e lo conducono a Gesù. A questo punto, gli animi dei discepoli e anche degli altri pellegrini sono presi dall’entusiasmo: prendono i loro mantelli e li mettono sul puledro; altri li stendono sulla strada davanti a Gesù, che avanza in groppa all’asino. Poi tagliano rami dagli alberi e cominciano a gridare parole del Salmo 118, antiche parole di benedizione dei pellegrini che diventano, in quel contesto, una proclamazione messianica: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!» (vv. 9-10). Questa acclamazione festosa, trasmessa da tutti e quattro gli Evangelisti, è un grido di benedizione, un inno di esultanza: esprime l’unanime convinzione che, in Gesù, Dio ha visitato il suo popolo e che il Messia desiderato finalmente è giunto. E tutti sono lì, con la crescente attesa per l’opera che il Cristo compirà una volta entrato nella sua città.
Ma qual è il contenuto, la risonanza più profonda di questo grido di giubilo? La risposta ci viene dall’intera Scrittura, la quale ci ricorda che il Messia porta a compimento la promessa della benedizione di Dio, la promessa originaria che Dio aveva fatto ad Abramo, il padre di tutti i credenti: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò … e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,2-3). (...)
Possiamo scoprire qui un primo grande messaggio che giunge a noi dalla festività di oggi: l’invito ad assumere il giusto sguardo sull'umanità intera, sulle genti che formano il mondo, sulle sue varie culture e civiltà. Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità. In questo sguardo traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani. 
(...)
Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio? È una questione cruciale, questa, che non possiamo eludere, tanto più che proprio in questa settimana siamo chiamati a seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce; siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio. Dobbiamo allora chiederci: quali sono le nostre vere attese? quali i desideri più profondi, con cui siamo venuti qui oggi a celebrare la Domenica delle Palme e ad iniziare la Settimana Santa?
(...)
Cari fratelli e sorelle, siano in particolare due i sentimenti di questi giorni: la lode, come hanno fatto coloro che hanno accolto Gesù a Gerusalemme con i loro «osanna»; ed il ringraziamento, perché in questa Settimana Santa il Signore Gesù rinnoverà il dono più grande che si possa immaginare: ci donerà la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, il suo amore. Ma a un dono così grande dobbiamo rispondere in modo adeguato, ossia con il dono di noi stessi, del nostro tempo, della nostra preghiera, del nostro stare in comunione profonda d’amore con Cristo che soffre, muore e risorge per noi. Gli antichi Padri della Chiesa hanno visto un simbolo di tutto ciò nel gesto della gente che seguiva Gesù nel suo ingresso in Gerusalemme, il gesto di stendere i mantelli davanti al Signore. Davanti a Cristo – dicevano i Padri – dobbiamo stendere la nostra vita, le nostre persone, in atteggiamento di gratitudine e di adorazione. Riascoltiamo, in conclusione, la voce di uno di questi antichi Padri, quella di sant’Andrea, Vescovo di Creta: «Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso ... e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese ... per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”» (PG 97, 994). Amen!
(Benedetto XVI, Omelia del 1 aprile 2012, Domenica delle Palme)

mercoledì 2 aprile 2014

L'immagine di Dio è la coppia matrimoniale: L'UOMO E LA DONNA!

Nell'odierna Udienza Generale, papa Francesco ha concluso il ciclo di catechesi sui Sacramenti parlando del Matrimonio. Ecco le sue parole.

"Oggi concludiamo il ciclo di catechesi sui Sacramenti parlando del Matrimonio. Questo Sacramento ci conduce nel cuore del disegno di Dio, che è un disegno di alleanza col suo popolo, con tutti noi, un disegno di comunione. All'inizio del libro della Genesi, il primo libro della Bibbia, a coronamento del racconto della creazione si dice: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò … Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 1,27; 2,24). L’immagine di Dio è la coppia matrimoniale: l’uomo e la donna; non soltanto l’uomo, non soltanto la donna, ma tutti e due. Questa è l’immagine di Dio: l’amore, l’alleanza di Dio con noi è rappresentata in quell’alleanza fra l’uomo e la donna. E questo è molto bello! Siamo creati per amare, come riflesso di Dio e del suo amore. E nell’unione coniugale l’uomo e la donna realizzano questa vocazione nel segno della reciprocità e della comunione di vita piena e definitiva.

1. Quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comunione: le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta. Ed è proprio questo il mistero del Matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza. La Bibbia usa un’espressione forte e dice «un’unica carne», tanto intima è l’unione tra l’uomo e la donna nel matrimonio. Ed è proprio questo il mistero del matrimonio: l’amore di Dio che si rispecchia nella coppia che decide di vivere insieme. Per questo l’uomo lascia la sua casa, la casa dei suoi genitori e va a vivere con sua moglie e si unisce tanto fortemente a lei che i due diventano – dice la Bibbia – una sola carne.
2. San Paolo, nella Lettera agli Efesini, mette in risalto che negli sposi cristiani si riflette un mistero grande: il rapporto instaurato da Cristo con la Chiesa, un rapporto nuziale (cfr Ef 5,21-33). La Chiesa è la sposa di Cristo. Questo è il rapporto. Questo significa che il Matrimonio risponde a una vocazione specifica e deve essere considerato come una consacrazione (cfr Gaudium et spes, 48; Familiaris consortio, 56). E' una consacrazione: l'uomo e  la donna sono consacrati nel loro amore. Gli sposi infatti, in forza del Sacramento, vengono investiti di una vera e propria missione, perché possano rendere visibile, a partire dalle cose semplici, ordinarie, l’amore con cui Cristo ama la sua Chiesa, continuando a donare la vita per lei, nella fedeltà e nel servizio.
È davvero un disegno stupendo quello che è insito nel sacramento del Matrimonio! E si attua nella semplicità e anche nella fragilità della condizione umana. Sappiamo bene quante difficoltà e prove conosce la vita di due sposi… L’importante è mantenere vivo il legame con Dio, che è alla base del legame coniugale. E il vero legame è sempre con il Signore. Quando la famiglia prega, il legame si mantiene. Quando lo sposo prega per la sposa e la sposa prega per lo sposo, quel legame diviene forte; uno prega per l’altro. È vero che nella vita matrimoniale ci sono tante difficoltà, tante; che il lavoro, che i soldi non bastano, che i bambini hanno problemi. Tante difficoltà. E tante volte il marito e la moglie diventano un po’ nervosi e litigano fra loro. Litigano, è così, sempre si litiga nel matrimonio, alcune volte volano anche i piatti. Ma non dobbiamo diventare tristi per questo, la condizione umana è così. E il segreto è che l’amore è più forte del momento nel quale si litiga e per questo io consiglio agli sposi sempre: non finire la giornata nella quale avete litigato senza fare la pace. Sempre! E per fare la pace non è necessario chiamare le Nazioni Unite che vengano a casa a fare la pace. E' sufficiente un piccolo gesto, una carezza, ma ciao! E a domani! E domani si comincia un'altra volta. E questa è la vita, portarla avanti così, portarla avanti con il coraggio di voler viverla insieme. E questo è grande, è bello! E' una cosa bellissima la vita matrimoniale e dobbiamo custodirla sempre, custodire i figli. Altre volte io ho detto in questa Piazza una cosa che aiuta tanto la vita matrimoniale. Sono tre parole che si devono dire sempre, tre parole che devono essere nella casa: permesso, grazie, scusa. Le tre parole magiche. Permesso: per non essere invadente nella vita dei coniugi. Permesso, ma cosa ti sembra? Permesso, mi permetto. Grazie: ringraziare il coniuge; grazie per quello che hai fatto per me, grazie di questo. Quella bellezza di rendere grazie! E siccome tutti noi sbagliamo, quell’altra parola che è un po’ difficile a dirla, ma bisogna dirla: scusa. Permesso, grazie e scusa. Con queste tre parole, con la preghiera dello sposo per la sposa e viceversa, con fare la pace sempre prima che finisca la giornata, il matrimonio andrà avanti. Le tre parole magiche, la preghiera e fare la pace sempre. Che il Signore vi benedica e pregate per me."