"Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. La comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre." (Benedetto XVI alla festa delle testimonianze - VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Milano, 1-3 giugno 2012)

lunedì 24 agosto 2015

"Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo"

"Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. 
Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. 
E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. 
E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 
Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. 
Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. 
Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. 
Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!"  (Ef, 5, 21-32)

PAROLE SCOMODE, QUASI DA CENSURARE

La XXIma Domenica del Tempo Ordinario ci propone uno dei brani di S. Paolo per i quali molti cristiani un po' si vergognano ... di essere .. cristiani!
"La donna sia sottomessa al marito..." seconda lettura di oggi.
"Vediamo. Un conto è quando parlo di sottomissione nelle parrocchie, o comunque a un pubblico di formazione cattolica, che tendenzialmente parla la mia lingua. Un popolo che crede in un re che è morto in croce, un re che invita i più grandi a servire i più piccoli, e che quindi credo possa meglio capire la bellezza dello “stare sotto” per dare la vita, non solo partorendo ma generando in ogni momento coloro che ci sono affidati. Un conto è rivolgermi al giornalista collettivo, che dopo l’incontro di Milano mi ha dato dell’oscurantista medievale cattoislamista.
Ma io credo, potrei dire che sono certa se la mia ignoranza di esegeta e di biblista da quinta elementare non mi imponesse una certa cautela, che san Paolo abbia saputo cogliere quello che è il cuore del problema femminile, la tentazione che più di tutte tocca le donne: il desiderio di controllo. Noi donne vogliamo controllare le persone che abbiamo care. Siamo capacissime di manipolarle, abbiamo dei radar raffinatissimi nel cervello, strumenti super sofisticati che l’uomo si sogna. La Provvidenza ce li ha dati per educare, questa è la nostra chiamata, perché “Dio affida l’umanità alla donna, che, prima ancora dell’uomo stesso, vede l’uomo”, come scriveva san Giovanni Paolo II. La tentazione contro cui noi donne dobbiamo combattere è quella dunque del controllo sull'uomo, della sua manipolazione.
Quando una donna impara a usare i suoi talenti per servire, non da schiava come scrivevo, ma da volontaria custode di coloro che le sono affidati, la vita intorno a lei fiorisce. Ogni persona viene accolta e si sente valorizzata da uno sguardo materno, che include, che non giudica. È uno sforzo costante che noi donne dobbiamo fare, una lotta contro il nostro perfezionismo.
L’uomo al contrario deve imparare a dare di più, a morire, dice san Paolo, perché la sua tentazione invece è quella della fuga, o dell’egoismo, del disimpegno dalla relazione. A me sembra così chiara, lucida, profonda l’analisi di san Paolo. Così rispondente alla verità del cuore dell’uomo, che non capisco come qualcuno possa sentirsene offeso.
Bisogna sempre ricordare che l’uomo e la donna sono due creature ferite, che vorrebbero essere amate in modo perfetto, e invece fanno una continua esperienza del proprio limite e del limite dell’altro. La donna con la sua voragine, la sua fragilità, il suo bisogno di conferme, di uno sguardo che le dica che è bella. L’uomo con il suo desiderio di potere, di possesso, di dominio, che deve imparare a essere circonciso, regalato. Che deve trasformarsi in capacità di sacrificio e di prendere i colpi della vita su di sé a difesa dei piccoli.
Mi sembra così bella questa dinamica del rapporto di amore tra maschio e femmina, così liberante, che davvero non vedo cosa ci possa essere di offensivo. Penso che solo le ferite del passato, di un tempo in cui alla donna questa accoglienza veniva in qualche modo imposta (anche se sul fatto che essere relegate in casa fosse necessariamente uno svantaggio rispetto a oggi avrei qualcosa da obiettare) possano avere lasciato nervi scoperti, e una sensibilità esasperata. Credo che la sottomissione nel senso di stare sotto a sostegno e di rinunciare alla volontà di controllo per dare la vita sia scritta nel cuore della donna. L’importante è che sia scelta, che sia libera. Che sia abbracciata con gioia.
Chissà, magari si apre una stagione di donne sottomesse per scelta, felici, libere di servire non da schiave ma da donne che possono avere tutto, e scelgono la parte migliore".

Costanza Miriano per La Croce quotidiano

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