"Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. La comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre." (Benedetto XVI alla festa delle testimonianze - VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Milano, 1-3 giugno 2012)

lunedì 16 settembre 2013

"Indebolire la famiglia significa indebolire la persona e la società"

Dalla Prolusione del Card. BAGNASCO 
alla 47ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani. 
Torino, 12 settembre 2013.

"L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali"

...Tra i luoghi deteriorati dall'individualismo, laddove sono custodite le fondamenta dell’umanità, c’è la famiglia, ancor prima del sociale e del politico. È diventato perfino uno slogan dire che essa è in crisi, e indicatori severi non mancano al riguardo. La famiglia tuttavia è pure l’antidoto alla stessa crisi...
...la famiglia è una risorsa e non un ostacolo alla modernizzazione, anzi la speranza e, dunque, il futuro.
La domanda che resta alla fine non è quella che risuona frequentemente: “Che mondo lasceremo ai nostri figli?”; ma una più inquietante: “A quali figli lasceremo il mondo?”.
...
Quando, ad esempio, attraverso una decisione politica, vengono giuridicamente equiparate forme di vita in se stesse differenti – come la relazione tra l’uomo e la donna e quella tra due persone dello stesso sesso – si misconosce la specificità della famiglia e se ne preclude l’autentica valorizzazione nel contesto sociale, trattando in modo uguale realtà diverse. Si appiattisce così il concetto di uguaglianza, che non consiste nel dare a tutti la stessa cosa, ma nel dare a ognuno ciò che gli è coerente...
Nei mesi scorsi, il dibattito sulla legge contro l’omofobia ha manifestato con chiarezza questa tendenza. Nessuno discute il crimine e l’odiosità della violenza contro ogni persona, qualunque ne sia il motivo... In ogni caso, per lo stesso senso di civiltà, nessuno dovrebbe discriminare, né tanto meno poter incriminare in alcun modo, chi sostenga pubblicamente ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione sessuata è un fatto di natura e non di cultura.
Il secondo processo che ha gradualmente segnata l’esperienza della famiglia è l’oscuramento della differenza tra le generazioni e, quando in un ambiente non vi è luce, o ci si allontana o ci si scontra. 
...diventa sempre più difficile pensare ad un’origine comune, ciascuno tendendo a vivere il suo segmento di presente come se fosse l’unica cosa che conta, l’unica certezza. ...quello che manca è la percezione di pro-venire da altro e di non essere autosufficienti, auto-fondanti.
Significativamente, nel processo di secolarizzazione, l’essere umano pretende di trasferire su se stesso gli attributi di Dio, dimenticando però il più importante: l’essere di Dio è esserci per gli altri, è generare, è Amore.
Al tema della generazione e dell’origine si collega strettamente quello dell’autorità...
In generale, l’autorità è chiamata ad essere punto di riferimento per gli altri, deve discernere il bene comune, decidere in modo obbligante.
Nessuna autorità è per affermare se stessa, ma sempre e solo per servire gli altri...
Ci vogliono dunque adulti che siano interiormente maturi, che non giochino con il mito dell’eterna giovinezza; che non si pongano in patetica concorrenza con i propri figli; che siano visibilmente lieti della loro età; consapevoli del doversi far carico perché altri si aprano responsabilmente alla loro vita. I genitori – a titolo specialissimo – devono accendere nei figli l’uomo spirituale e morale; devono generare l’uomo del corpo ma anche dell’anima; devono condurre la persona oltre se stessa per introdurla alla realtà intera.
...
Gli anziani sono «importanti nella vita della famiglia per comunicare quel patrimonio di umanità e di fede che è essenziale per ogni società». Invece, non di rado sono trattati come un peso, anziché essere considerati il più grande bagaglio di conoscenze e saggezza.
...A loro volta gli anziani, almeno quelli attivi, rischiano di assimilare una mentalità individualistica, e faticano a fare spazio ai giovani, oppure si ripiegano sulla dimensione privata del consumo, mentre potrebbero ancora mettere a disposizione energie e competenze per il bene comune.
...riannodare i fili del dialogo intergenerazionale è oggi più che mai necessario. L’io si sviluppa non nel chiuso della propria individualità, ma quando si apre all'altro differente da sé. E la famiglia è una preziosa custode delle differenze e della fecondità della loro relazione, della loro alleanza... la famiglia resta lo spazio delle ‘grandi differenze’ che si completano nella reciprocità virtuosa: differenze di età e di sesso, di cultura e di storia. Per questo la famiglia è l’architrave portante di ogni realistico futuro!
Se pensiamo alla nostra famiglia, sentiamo – in un modo o nell'altro – un’onda di calore.
Questo benefico calore cresce quanto più andiamo avanti negli anni, anche quando i nostri genitori sono già in cielo. Forse, anche nelle nostre famiglie ci sono state difficoltà e prove: non sempre tutto è ideale, né dei caratteri né degli affetti. Ciò nonostante, la famiglia ha tenuto duro, ha retto alle inevitabili usure e stanchezze, ad alti e bassi. E noi, figli di ieri e di oggi, abbiamo intuito che su quella realtà, su quel piccolo nucleo, potevamo contare. 
...Non era un nido dove fuggire dal mondo concreto, un mondo virtuale dove ci veniva risparmiata la parola severa, le regole. Al contrario! Era un luogo dove si faceva verità su di noi in modo saggio, dove si dava un nome giusto alle cose, dove si imparava la distinzione tra bene e male, tra doveri e diritti. Un luogo dove la presenza certa del papà e della mamma, e spesso anche dei fratelli, dei nonni e degli zii, ci dava coraggio e forza. E così, dentro a quel grembo accogliente ed esigente, abbiamo imparato ad avere fiducia in noi stessi, negli altri, nella vita. E la fiducia ha generato sicurezza. Abbiamo imparato a non aver paura delle prove, dei dolori, degli insuccessi; ad affrontarli con l’aiuto di Dio e degli altri.
Quel luogo generatore – la famiglia – non era però un nucleo dai confini cangianti e dai tempi incerti, ma definito e permanente, su cui sapevamo di poter contare come su roccia ferma e affidabile. È questa la vera identità e la missione della famiglia che nel nostro Paese, nonostante tutto, rappresenta un punto di riferimento decisivo. Come sappiamo, esistono tendenze che mirano a cambiare il volto della famiglia, rendendola un soggetto plurimo e mobile, senza il sigillo oggettivo del matrimonio. Tra l’altro, rendendo sempre più brevi i tempi del divorzio, lo Stato non favorisce una ulteriore ponderazione su lacerazioni che lasceranno per sempre il segno, specie sui figli anche adulti. Ci chiediamo: i figli non hanno forse diritto a qualunque sacrificio pur di tenere salda e stabile la coppia e la famiglia? Indebolire la famiglia significa indebolire la persona e la società.
Una società che non investe sulla famiglia non investe sul suo futuro e si limita, come spesso dobbiamo costatare, ad affrontare emergenze e allocare risorse senza un chiaro progetto.
...il futuro ha bisogno della famiglia, perché il cammino della vita si apre solo quando si accoglie una relazione reale, cioè concreta e quotidiana. “Accogliendo la persona dell’altro, e specialmente quella dei figli, si accoglie l’avvenire. 
…A loro volta i figli partiranno. Affronteranno le bufere dell’esistenza, le sue tempeste probabilmente, ma lo faranno con tanta maggiore sicurezza se saranno cresciuti in una casa dalle mura e dal tetto solidi, dove avranno provato il gusto e il desiderio di edificare a loro volta”.




S.Em. Card. Angelo BAGNASCO
Arcivescovo di Genova e Presidente della C.E.I.


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